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dell'impero romano cap. xxvi. 237

l’Imperator Valente, lasciato sotto una forte guardia il suo bagaglio e la cassa militare, si partì da Adrianopoli per attaccare i Goti, ch’erano accampati alla distanza di circa dodici miglia dalla città1. Per qualche sbaglio degli ordini, o per l’ignoranza del luogo, l’ala destra, o la colonna di cavalleria giunse a vista del nemico, mentre la sinistra era sempre in una considerabil distanza; i soldati furon costretti nell’affannoso caldo della state ad affrettare il passo; e si formò la linea di battaglia con un tedioso disordine ed una irregolar dilazione. S’era distaccata la cavalleria Gotica per cercar foraggio nelle vicine campagne; e Fritigerno tuttavia continuava a praticare i soliti suoi artifizi. Spedì egli dei Messaggieri di pace, fece proposizioni, richiese ostaggi, e consumò il tempo a tal segno, che i Romani, esposti senza riparo ai cocenti raggi del sole, restarono esausti dalla sete, dalla fame e dall’intollerabil fatica. L’Imperatore si indusse a mandare un Ambasciatore nel campo Gotico: fu applaudito lo zelo di Ricomero, che solo ebbe il coraggio d’accettare questa pericolosa commissione; ed il Conte dei domestici, adornato con le splendide insegne della sua dignità, erasi già qualche tratto avanzato fra le due armate, quando fu improvvisamen-

    taglia d’Adrianopoli. Noi possiam censurare in vero i difetti del suo stile, il disordine e l’ambiguità delle sue narrazioni; ma dovendo adesso restare privi di questo imparziale Istorico, il dispiacere che abbiamo per tale irreparabile perdita, impone silenzio ai rimproveri.

  1. La differenza fra le otto miglia d’Ammiano e le dodici d’Idazio non può imbarazzare che quei Critici (Vales. ibid.), i quali suppongono, che un grande esercito sia un punto matematico senza spazio o dimensione.