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dell'impero romano cap. xxvi. |
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ad uno splendido convito, ed il militare lor seguito era rimasto in armi all’ingresso del palazzo. Ma erano strettamente guardate le porte della città; ed erano i Barbari assolutamente esclusi dal comodo d’un abbondante mercato, al quale avevano ugual diritto e come sudditi e come alleati. Le umili loro suppliche si rigettarono con insolenza e derisione; e siccome esausta ormai era la loro pazienza, i paesani, i soldati ed i Goti presto si trovarono involti in un combattimento di appassionate altercazioni, e di ardenti rimproveri. Inconsideratamente diedesi un colpo; si trasse precipitosamente una spada; ed il primo sangue, che videsi uscire in quest’accidentale contesa, divenne il segnale d’una lunga e rovinosa guerra. In mezzo allo strepito ed alla brutale intemperanza, fu riportato a Lupicino da un segreto messo, che molti de’ suoi soldati erano stati uccisi e spogliati delle loro armi, ed essendo egli già infiammato dal vino ed oppresso dal sonno, diede l’ordine temerariamente che se ne vendicasse la morte con la strage delle guardie di Fritigerno e d’Alavivo. Le clamorose strida ed i lamenti di quei, che morivano, scoprirono a Fritigerno il suo estremo pericolo; e siccome esso possedeva il freddo ed intrepido spirito d’un Eroe, vide ch’egli era perduto, se lasciava deliberare un momento quell’uomo che l’aveva sì altamente ingiuriato. Una piccola contesa (disse il Capitano Goto con un fermo, ma piacevol tuono di voce) par che sia insorta fra le due nazioni; essa potrebbe produrre le più pericolose conseguenze, qualora non sia subito quietato il tumulto dalla sicurezza della nostra salute e dall’autorità della nostra presenza. Dette queste parole, Fritigerno ed i suoi compagni, sguainate le spa-