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rono, mentre ansiosamente spiavano la favorevole occasione di sottrarsi all’inseguimento degli Unni. Per mezzo di quelle navi e barchette, che precipitosamente poteron trovare i condottieri degli Ostrogoti, trasportarono senza ostacolo il Re e l’esercito loro, ed arditamente piantarono un ostile e indipendente campo sul territorio dell’Impero1.

Alavivo e Fritigerno, sotto nome di giudici, erano i condottieri dei Visigoti in pace ed in guerra; e l’autorità, che essi traevano dalla nascita, era confermata dal libero consenso della nazione. In un tempo di tranquillità, il governo loro aveva potuto essere uguale, non meno che il grado che avevano; ma tosto che i lor nazionali furono esacerbati dalla fame e dall’oppressione, la superiore abilità di Fritigerno assunse il militar comando che egli aveva diritto di esercitare pel pubblico bene. Ei raffrenò lo spirito impaziente dei Visigoti, finattanto che le ingiurie e gl’insulti dei loro tiranni giustificassero nell’opinione degli uomini la lor resistenza; ma non era disposto a sagrificare alcun reale vantaggio alla pura lode di moderazione e di giustizia. Conoscendo l’utile che potea trarre dall’unione delle forze Gotiche sotto lo stesso stendardo, segretamente coltivò l’amicizia degli Ostrogoti; e mentre professava un’implicita obbedienza agli ordini dei Generali Romani, avanzavasi a piccole giornate verso Marcianopoli, capitale della bassa Mesia, circa settanta miglia distante dalle rive del Danubio. In quel luogo fatale, scoppiarono le fiamme della discordia e dell’odio reciproco in un terribile incendio. Lupicino aveva invitato i Capitani Goti

  1. Ammiano XXXI. 4, 5.