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dell'impero romano cap. xxvi. |
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assicurazioni confermate furono dagli Ambasciatori dei Goti, i quali con impazienza aspettavano dalla bocca di Valente una risposta, che finalmente determinasse la sorte degl’infelici lor nazionali. [A. 375] L’Imperatore Orientale non era più guidato dalla saviezza ed autorità del suo fratello maggiore, ch’era morto verso il fine dell’anno precedente; e siccome la misera situazione de’ Goti richiedeva un’instantanea e perentoria decisione, gli mancò il favorito spediente degli spiriti deboli e timidi, che riguardano l’uso de’ passi dilatorj ed ambigui, come i più ammirabili sforzi d’una consumata prudenza. Finattantochè sussisteranno fra gli uomini le medesime passioni ed interessi, si presenteranno frequentemente, come soggetto di moderne deliberazioni, le quistioni di guerra e di pace, di giustizia e di politica, che agitavansi nei consigli della Antichità. Ma a’ più sperimentati Politici dell’Europa non è stato giammai commesso d’investigare la convenienza o il pericolo di rigettare o d’ammettere una innumerabile moltitudine di Barbari, che son tratti dalla disperazione e dalla fame a cercare uno stabilimento negli Stati d’una incivilita nazione. Allorchè fu riferita ai Ministri di Valente quest’importante proposizione, sì essenzialmente connessa con la pubblica sicurezza, essi rimasero perplessi e divisi, ma presto convennero nel lusinghiero sentimento che pareva più favorevole all’orgoglio, all’indolenza, ed all’avarizia del loro Sovrano. Gli schiavi, ch’erano decorati coi titoli di Prefetti e di Generali, dissimularono o non curarono il timore di questa nazional emigrazione, tanto diversa dalle particolari ed accidentali colonie, che si erano ammesse negli ultimi confini dell’Impero. Anzi applaudirono alla buona fortuna, che avea con-