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gati a spiare in una sicura distanza gli ostili disegni del Monarca Persiano, a frenare le ruberie dei Saracini e degl’Isauri1, a confermare con argomenti più forti di quelli della ragione a dell’eloquenza la fede della teologia Arriana, ed a quietare i suoi ansiosi sospetti cogl’indistinti supplizi dell’innocente e del reo. Ma s’eccitò l’attenzione più seria dell’Imperatore per l’importante notizia, che ei ricevè dagli ufficiali militari e civili, ai quali affidato avea la difesa del Danubio. Egli fu informato che il Settentrione agitavasi da una furiosa tempesta; che l’irruzione degli Unni, incognita e mostruosa razza di selvaggi, avea rovesciato la potenza de’ Goti; e che una supplichevole moltitudine di quella bellicosa nazione, l’orgoglio di cui era in quel tempo umiliato all’eccesso, occupava uno spazio di più miglia lungo le rive del fiume. Con le braccia stese e con patetici lamenti, ad alta voce deploravano le passate loro disgrazie ed il presente pericolo; confessavano che la unica loro speranza di salute era posta nella clemenza del Governo Romano; e con la maggior solennità protestavano, che se la graziosa liberalità dell’Imperatore avesse loro permesso di coltivare le ampie terre della Tracia, si sarebbero tenuti obbligati dai più forti vincoli di dovere e di gratitudine ad obbedire alle leggi, ed a difendere i confini della Repubblica. Tali

    Tillemont si è affaticato per ischiarire e fissare gli annali di Valente.

  1. Zosim. l. IV. p. 223. Sozom. l. VI. c. 38. Gl’Isauri solevano infestar nell’inverno le strade dell’Asia minore fino alle vicinanze di Costantinopoli. Basilio Ep. 250. ap. Tillemont. Hist. des Emper. Tom. V. p. 106.