Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/191


dell'impero romano cap. xxvi. 187

delle respettive tribù, col marziale e numeroso loro treno, e l’ambizioso Monarca potea consultare le inclinazioni d’un armato popolo, di cui osservava la forza. Nella costituzione delle nazioni Tartare o Scite si possono scuoprire i principj d’un governo feudale; ma il perpetuo contrasto di quelle nemiche tribù è andato alle volte a finire nello stabilimento d’un potente dispotico Impero. Il vincitore, arricchito dal tributo, e fortificato dalle armi de’ Re dipendenti, ha esteso le sue conquiste sull’Europa e sull’Asia: i felici pastori del Norte si son sottoposti a’ vincoli delle arti, delle leggi e delle città; e l’introduzione del lusso, dopo aver distrutto la libertà del popolo, ha rovesciato i fondamenti del Trono1.

Nelle frequenti e remote emigrazioni degl’ignoranti Barbari non si può lungamente conservar la memoria de’ passati eventi. I moderni Tartari non sanno le conquiste de’ loro antichi2; e la notizia, che noi abbiamo dell’istoria degli Sciti, proviene dal loro commercio co’ Greci, co’ Persiani e co’ Chinesi, culte e civili nazioni del Mezzodì. I Greci, che navigavano per l’Eussino, e fondavano colonie lungo le coste marittime, fecero appoco appoco un’imperfetta scoperta della Scizia, scorrendo dal Danubio e da’ confini della Tracia fino all’agghiacciata Meotide, sede d’un perpetuo inverno, ed al Monte Caucaso, che nel lin-

  1. Montesquieu s’affatica per ispiegare una differenza, che non sussiste, fra la libertà degli Arabi e la perpetua schiavitù de’ Tartari (Espr. des Loix l. XVII. c. 5. l. XVIII. c. 19 ec.).
  2. Abulgazi Kan riferisce, nelle prime due parti della sua storia Genealogica, le misere favole e tradizioni de’ Tartari Usbecchi, intorno a’ tempi anteriori al regno di Gengis.