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dell'impero romano cap. xxvi. |
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cacciare, che apre il più bel campo all’esercizio del valore, può risguardarsi a ragione come l’immagine e la scuola della guerra. Le generali partite di caccia, che formano l’ambizione e il diletto dei Principi Tartari, compongono un istruttivo esercizio per la numerosa loro cavalleria. Descrivesi un cerchio di molte miglia in circonferenza per circondare la cacciagione d’esteso distretto; e le truppe, che formano il cerchio, s’avanzano regolarmente verso il comun centro, dove gli animali prigionieri, circondati da ogni parte, restano abbandonati a’ dardi dei cacciatori. In tal marcia, che spesso continua per più giorni, la cavalleria dee rampicarsi pei colli, passare a nuoto i fiumi, e girare attorno alle valli, senza interrompere l’ordine stabilito del proprio successivo progresso. Acquistano così la pratica di diriger l’occhio ed i passi ad un oggetto lontano; di conservare le giuste distanze fra loro; di sospendere o d’affrettare il passo a misura dei movimenti di quelli che sono a destra e a sinistra; e di conoscere e ripetere i segni dei lor condottieri. Questi ultimi studiano in tal pratica scuola le più importanti lezioni dell’arte militare, ed un pronto ed esatto discernimento del terreno, della distanza e del tempo. Nella vera guerra non si richiede altra variazione, che quella d’impiegar la stessa pazienza e valore, la stessa perizia e disciplina contro un nemico umano; e i divertimenti della caccia servono come di preludio alla conquista d’un Impero1.
- ↑ Petit de la Croix (vie de Gengiskan l. III. c. 7) rappresenta tutta la gloria ed estensione della caccia Mogolla. I Gesuiti Gerbillon e Verbiest seguivano l’Imperatore Kamhi