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dell'impero romano cap. xxvi. 181

nia1. Queste grandi emigrazioni, che alle volte si sono eseguite con una quasi incredibil prestezza, si rendevan più facili dalla particolar natura del clima. Si sa che il freddo della Tartaria è molto più crudo di quello che si potrebbe ragionevolmente aspettare in mezzo ad una zona temperata: si attribuisce tale straordinario rigore all’altezza delle pianure, che si alzano, specialmente a levante, più di mezzo miglio sopra il livello del mare, ed alla quantità di salnitro, di cui è profondamente impregnato il terreno2. Nell’inverno, i larghi e rapidi fiumi, che scaricano le loro acque nell’Eussino, nel mar Caspio e nel Glaciale, sono fortemente agghiacciati; i campi son coperti da un letto di neve; e le fuggitive o vittoriose tribù posson traversare sicuramente colle loro famiglie, coi loro carriaggi e bestiami la sdrucciolevole e dura superficie d’un’immensa pianura.

III. La vita pastorale, paragonata coi travagli dell’agricoltura e delle manifatture, è senza dubbio una vita d’oziosità, e siccome i pastori più considerabili della stirpe dei Tartari lasciano agli schiavi la cura

  1. Tali emigrazioni Tartare si sono scoperte dal sig. di Guignes (Hist. des Huns Tom. I. II.) abile e laborioso interprete della lingua Chinese, il quale ha aperto in tal guisa nuove ed importanti scene nell’istoria dell’uman genere.
  2. I Missionari trovarono, che una pianura nella Tartaria Chinese, distante non più d’ottanta leghe dalla gran muraglia, era superiore tremila passi geometrici al livello del mare. Montesquieu, il quale ha fatto uso ed abuso delle relazioni dei viaggiatori, deduce le rivoluzioni dell’Asia da questa importante circostanza, che il caldo ed il freddo, la debolezza e la forza si toccano fra loro senza una zona temperata di mezzo: (Esprit des Loix l. XXII. c. 3).