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dell'impero romano cap. xxvi. | 179 |
suefatto a sostenere, senza molto incomodo, gli opposti estremi dell’intemperanza e della fame.
II. Nei tempi di rustica e marziale semplicità si trova sparso nel giro di un esteso e coltivato paese un popolo di soldati e di agricoltori; e ben dovè passar qualche tempo avanti che la guerriera gioventù della Grecia e dell’Italia si potesse unire sotto l’istessa bandiera o per difendere i propri confini, o per invadere i territori delle vicine tribù. Il progresso delle manifatture e del commercio insensibilmente raccoglie una gran moltitudine dentro le mura d’una città; ma questi cittadini non son più soldati; e le arti, che adornano e perfezionano lo stato della civil società, corrompono le abitudini della vita militare. I costumi pastorali degli Sciti par che congiungano i diversi vantaggi della semplicità e della coltura. Sono costantemente uniti insieme gl’individui della stessa tribù, ma sono uniti in un campo; ed il naturale spirito di quest’indomiti pastori, è animato dal vicendevol aiuto e dall’emulazione. Le case dei Tartari non sono altro che piccole tende di forma ovale, che offrono una fresca ed asciutta abitazione per la mista gioventù di ambi i sessi. I palazzi dei ricchi consistono in capanne di legno di tal grandezza, che si possan comodamente posare sopra gran carri, e tirare da una serie, forse di venti o di trenta bovi. Gli armenti ed i greggi dopo aver pasciuto tutto il giorno nelle addiacenti pasture, si ritirano all’avvicinarsi della notte sotto la protezione del campo. La necessità d’impedire la più dannosa confusione di tal perpetua mescolanza di uomini e di animali, deve a grado a grado introdurre nella disposizione, nell’ordine e nella guardia dell’accampamento, i principj dell’arte militare.