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nia dei suoi malevoli; mi sembra chiaro, che la credenza della Consustanzialità del Figlio col Padre era fin d’allora comune, come potè sovente S. Atanasio rinfacciare agli Arriani. Or come è mai verisimile, che il sinodo Antiocheno Ortodosso volesse dar sospetto di opporsi in qualche maniera ed alla credenza comune, ed al Romano Pontefice, ed a tutto il suo sinodo condannando la voce Ομοόυσιον? Osservate inoltre che non cominciossi a rammentar tal decreto prima del Concilio Aneirano del 358, vale a dire intorno a novant’anni dopo. Vi par egli che i refrattarj al Concilio Niceno maestri d’inganni, intrighi e sofismi avesser taciuto per sì lungo tempo un Decreto, che gli avrebbe tanto, almeno apparentemente favoriti? L’avrebbe mai od ignorato o taciuto uno dei principali sostegni del partito Ariano, Eusebio di Cesarea, secondo Gibbon, il più dotto dei Prelati Cristiani? Anzi egli medesimo nel Lib. VII della sua storia inserì una gran parte della lettera dei PP. Antiocheni, eppure ivi non ne fa cenno: ed in una, che esso ne scrisse poco dopo al Concilio Niceno1, limpidamente confessa che i Padri antichi si eran serviti di quella voce. Che se realmente si fosse fatta in quel sinodo tal condanna, come mai pochi anni dopo S. Pamfilo nell’Apologia per Origene avrebbe inserito un intero Capitolo per dimostrare la Consustanzialità del Verbo? Ne volete di più? Nella professione di fede opposta dal sinodo Antiocheno medesimo agli errori di Paolo di Samosata più volte si adopera la voce Ομοουσιον. Apparisce al presente, non so negarlo, fatta in Nicea quella formula: ma che sia questo un errore degli

  1. Ap. Socr. L. I. H. E.