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dicesi generato da Dio Padre, e generato hodie, avverbio attissimo ed usato nel sacro linguaggio1 ad esprimere l’eternità; egli debbe essere necessariamente figlio non adottivo, ma per natura2. Ed invero nel capo ottavo della lettera ai Romani, dove il medesimo Apostolo parla diffusamente della figliuolanza di adozione di tutti i credenti, quando rammenta Gesù Cristo, che ce l’ha meritata sottoponendosi alla morte di Croce, lo chiama in opposizione Figlio proprio dell’eterno Genitore. ος γε του ιδίου υύου ούκ ὲφείσατο3. Qui etiam proprio Filio (suo) non pepercit: espressione esattamente corrispondente a quella di S. Giovanni, là dove ei dice, che i Giudei cercavano di uccidere Gesù Cristo non tanto come violatore del Sabato, quanto perchè4 diceva Iddio πατέρα ιδίον Padre proprio, agguagliandosi in tal maniera a Dio stesso: dritto però che secondo il medesimo Apostolo giustamente arrogavasi5: Qui cum in forma Dei esset non rapinam arbitratus est se aequalem Deo. E come non dovea credersi proprio, e natural figlio di Dio quello, che vien chiamato dall’istesso San Paolo assolutamente tale le tante volte6, Immutabile e Sempiterno7? Quello di cui dice: portans omnia verbo virtutis suae8, omnia per ipsum et in ipso

  1. S. August. in psalm. 2.
  2. Vedi Abbadie T. III. Traité de la Divinité de J. C.
  3. C. 8. v. 37.
  4. Joh. V. 18.
  5. Ad Philippens. C. 2. v. 6.
  6. Ad Rom. C. 1. v. 4. C. 8. v. 3. Ad Hebr. C. 1. v. 2. C. 5. v. 8. C. 6. v. 6. C. 7. v. 3. C. 10, v. 29. ec.
  7. Ad Hebr. C. 1. v. 11.
  8. d. C. 1. v. 3.