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divina, conchiude che ella è in sostanza Ratio recta summa Jovis1. Non Plutarco; poichè sebbene attribuisca il sistema di tre principi a Platone, cioè Dio, la materia, e l’Idea che egli chiama essenza incorporea; ciò nonostante non la distingue da Dio, ma la pone esistente nei concetti e nell’immaginazione del medesimo Dio ὲν νομάσι καὶ φαντάσιαις τοῦ θεοῦ 2. Non Celso finalmente, il quale sebben sovente deridesse i Cristiani come plagiari di Platone, e mille volte li rampognasse della loro credenza intorno al Figlio di Dio G. C., confessa chiaramente, accennando senza dubbio Platone, che gli antichi chiamavano il Mondo figlio di Dio, perchè esso è prodotto da Dio: ὰνδρες παλαιοὶ τὸν δὲ τόν κόσμον ως εκ θεοῦ γεγομένον, παιδὰ τὲ αυτοῦ ηιθεον προσείπον3. Ciò presupposto, vi par egli che la fede Cattolica del Divin Verbo sia un Domma già maravigliosamente annunziato da Platone, anzi il fondamental principio della Teologia di quel filosofo? Quando non fosser giustissime le spiegazioni dei luoghi sopraccitati4, e si temesse di fare ingiuria ai Padri della Chiesa5 (scrupolo che se è potuto cadere nel Ch. Zaccaria, è del tutto fuori del carattere dei Sig. Gibbon) a non concedere a quel filosofo alcun’ombra d’idea dell’arcano, di cui ragiono; non basterebbe a smentire la proposizione dello storico, e mostrare che ei non conosce, o sfi-

  1. Lib. II. de Nat. Deor.
  2. L. I. C. 10. de Plat. Philos.
  3. Orig. L. V. p. 307.
  4. Vedi la Pref. degli Edit. Bened. di S. Giustino Part. 2. c. 1.
  5. Not. ad Petav. de Trinit. L. I. c. 1.