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LETTERA III

Chi ha del Vangelo la stranissima idea, che esso apra un infinito prospetto d’invisibili mondi, e spieghi la misteriosa essenza della Divinità, la quale abitando in mezzo ad una luce inaccessibile noi viatori non possiam vedere che di riflesso ed in enimma, non dee recar maraviglia se mal conosca e sfiguri i Dommi della nostra SS. Religione quantunque fondamentali. Tal è il Sig. Gibbon. Primieramente è suo disegno l’inculcare, che quello, che dai Cristiani si crede del Divin Verbo, altro non è se non se un Domma già maravigliosamente annunziato da Platone anzi il fondamental principio della Teologia di quel Filosofo: il quale però non si stabilì sufficientemente, come una verità, o trovossi in stato di restar sempre confuso con le filosofiche visioni dell’Accademia ... finchè il nome, ed i divini attributi del Logos non furono confermati dalla celeste penna dell’ultimo e del più sublime fra gli Evangelisti.

Secondariamente si lusinga nella controversia Arriana di andare seguendo il progresso della ragione e della Fede, dell’errore e della passione in un modo da farsi credere uno storico, il quale tiri rispettosamente il velo del Santuario (p. 90.).

Nella presente lettera farò alcune riflessioni su questi due punti: e riguardo al λογος, asserisco I. che il Domma Cristiano del Divin Verbo non è maravigliosamente annunziato da Platone, e che verisimilmente