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stantio vivente, regressus est. Sed hoc utrum quod acquieverit voluntati suae ad subscribendum, an ad populi R. gratiam, a quo proficiscens fuerat exoratus, indulgens pro certo compertum non habeo. Non è però da pretendersi questa sincerità e moderazione da chi mette in dubbio i fatti più certi, e che talora anche li nega od oscura. Incominciamo dalla riedificazione del tempio di Gerusalemme tentata in van da Giuliano. „La demolizione dell’antico tempio, dice il Sig. della Bleterie1 era terminata, e senza pensarvi si erano rigorosamente adempiute le parole di Cristo: non relinquetur lapis super lapidem, qui non destruatur2. Si vollero gettar le nuove fondamenta, ma usciron dal luogo medesimo vortici spaventosi di fiamme, che con formidabili slanci divorarono i lavoranti. Lo stesso accadde diverse volte, e l’ostinazione del fuoco rendendo inaccessibile quel luogo, costrinse ad abbandonare per sempre l’impresa„. Son questi gli stessi termini di Ammiano Marcellino, autore contemporaneo3. Ruf-

    Gregorio, e con S. Ambrogio. Allega ancora l’autorità del Concilio Calcedonese che nell’allocuzione all’Imperatore Marciano si espresse in questi termini. Sic quoque Damasus Romanae urbis decus ad justitiam, ovvero Romanae urbis Episcopus, et justitia decus. Appella per fine a non pochi antichissimi Martirologi, nei quali con S. Girolamo si legge nominato S. Damaso. Non sono dunque tre parole quelle che hanno abbagliato gli occhi devoti del Tillemont. Vedi T. VIII. Memor.

  1. Vie de l’Empereur Julien L. V. p. 396.
  2. Marc. L. XIII. V. 1. 2.
  3. Lib. 23. c. 1.