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ne ancora dei Greci e degli Egiziani. Ma come avrebbe potuto mostrar di esitare a concedere perdonanza a dei Vescovi pentiti di ciò che ignorantes egerant in una causa, in cui egli medesimo avesse lasciata vincere la sua fermezza e fosse stato colpevole condiscendente? E come ostentare moderazione senza esporsi alle risa, ed alle invettive degli emuli, e forse di quei medesimi, a cui accordava il perdono? Unite tali riflessioni alle testimonianze degli Storici sopraccitati1, e decidete se la caduta di Liberio non debba aversi per favolosa, giacchè quello, che si ha di essa in S. Atanasio, ed ha fatto illusione a tanti illustri Scrittori, si dimostra esser parto di una mano ignorante o maligna; e supposti eziandio interpolati, ed indegni di S. Ilario si provano quei testi, che per essere stati da molti tenuti per genuini, rendevano indubitata la caduta di Liberio2. Io però mi sarei contentato3, che il Sig. Gibbon avesse citato Ruffino là dove dice4; Liberius Romae Episcopus, Co-

  1. Sulpic. Sever. Hist. Sacr. L. 2. c. 39. Socr. Hist. E. L. 2. c. 37.
  2. Vedi il Cap. IV. e V. della cit. Dissert. De Comment. ec.
  3. L. I. Hist. c. 27.
  4. L’A. non ha troppo buon sangue coi Papi. Il carattere di Damaso è molto ambiguo, e tre parole di Girolamo Sanctae Memoriae Damasus, lavano tutte le sue macchie, ed abbagliano i devoti occhi del Tillemont. Si trovan però dileguate presso questo Scrittore le calunnie, dalle quali fu attaccato quel Santo Pontefice. Si cita inoltre Teodoreto L. V. c. 2., che parla così di Damaso: Is erat Episcopus Romae vita laudabili conspicuus, quique sibi dicenda, faciendaque omnia pro Apostolicis dogmatis statuerat., e nel L. IV. c. 30 lo pone nella classe medesima con i due SS.