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tica non si abbatteranno giammai con puri argomenti negativi, quali sono gli addotti dal Sig. Gibbon: ciò non ostante ha da essere un tale avvenimento una favola Cristiana, ed una leggenda di superstizione, solo perchè il Sig. Gibbon decide così: come pure per la ragione medesima noi dobbiam credere, che la fermezza di Liberio fosse superata dai travagli dell’esilio, e che quel Romano Pontefice comprasse il suo ritorno a prezzo di alcune ree condiscendenze. Qui però mi aspetto, che voi prendendo le parti del vostro compatriota vi maravigliate, come io ardisca rimproverarlo intorno ad un fatto, di cui tra i Protestanti del pari che tra i Cattolici comunemente si è convenuto, e parmi di vedervi stendere la mano alla penna per tessere il numeroso Catalogo degli Scrittori che sostengono la caduta di quel Pontefice. Vi prego però a voler sospendere questa inutil fatica, ed a riassumer piuttosto l’esame di questo fatto con quella maturità di riflessione, la quale è sì propria di voi. Quali adunque mai furono queste ree condiscendenze di Liberio? Soscrisse egli forse qualche formula di Fede eretica? Questa opinione, che fu già dei Centuriatori Magdeburgesi, di Giunio, di Chamber ec. è stata omai confutata pienamente dal Gretseronota e da Natale Alessandronota per tacere degli altri, nè ardirei mai di attribuirla al Sig. Gibbon. Forse Liberio, sorpreso dagli artifizi dei Semiarriani, gli ammise alla sua comunione, soscrivendo la personal condanna di S. Atanasio? Questo appunto sembra essere il sentimento del nostro Storico, e questa è 1 2

  1. Controv. Rob. Bell. defens. T. II. Col. 1044.
  2. Saec. IV. Diss. 32.