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pre inviolabile, che se gli Egizi, i quali altamente richiedevano i doni fatti o illegittimamente o per imprudenza, fosser comparsi in Calcedonia, avrebbe ascoltato in persona, e decise le lor querele; ma intanto dal trono, che era la sede della ragione e della virtù, partì un ordine assoluto, che vietando di trasportare a Costantinopoli Egizio veruno, esausta la loro pazienza e il denaro, furono costretti a tornare con isdegnosi lamenti al nativo loro paese. Ma vi è di più. L’Imperatore, che occupava quel trono, sede della ragione e della virtù, sostenne l’ingiustizia di escludere i Cristiani da tutti gli uffizi di fedeltà e di profitto, maliziosamente rammentando loro, che non era lecito ad un Cristiano di usar la spada o della giustizia o della guerra, e dissimulando più che potè l’ingiustizia, che esercitavasi in nome di lui dai Ministri, (per quanta tara si debba fare all’espressioni degli Storici Ecclesiastici) esprimeva il suo real sentimento intorno alla loro condotta con dolci riprensioni e con reali premi e per finirla, quell’Imperatore medesimo leggiero di naturale ordinò senza prove, che fosse immediatamente eseguita la vendetta contro i Cristiani, ai quali un leggierissimo rumore imputava l’incendio del Tempio di Dafne. Con tutto ciò affinchè sembri mancar qualche cosa alla grazia e perfezione della intera figura, bisogna guardare con minuta e forse malevola attenzione il ritratto di Giuliano, poichè ei cercò sempre di unire l’autorità con il merito, e la felicità colla virtù.

Siccome questo giudizio intorno a Giuliano è espresso da Gibbon in un paragrafo a parte, il quale ha per titolo (il suo carattere), però mi azzardai di asserire, che questo Imperatore è il suo Eroe. Non