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dell'impero romano cap xlvii. 89

sua morte, che succedette veramente a tempo; aveva il Clero ricusato di sottoscriverla, e già il principe s’apparecchiava a cominciare una persecuzione; e il popolo era apparecchiato a soffrirla o farle resistenza. Un Vescovo di Treveri, che si vedeva sicuro per la sua situazione dai colpi del monarca dell’Oriente, gli diresse alcune osservazioni collo stile dell’affetto e dell’autorità. „Graziosissimo Giustiniano, gli disse, sovvengati del tuo Battesimo, e del Simbolo della tua Fede, e non disonorare i tuoi crini bianchi con una eresia. Richiama dall’esiglio i Padri e rimovi i tuoi aderenti dalla via di perdizione. Tu non puoi ignorare, che già l’Italia e la Gallia, la Spagna e l’Affrica piangono la tua caduta, e vomitano anatemi sul tuo nome. Se non ritratti immantinente quello ch’hai insegnato, se non dichiari ad alta voce: sono caduto in errore, ho peccato; anatema a Nestorio, anatema ad Eutiche: tu ti condanni a quelle fiamme, che ti consumeranno in eterno„1. Egli morì senza dar segno di ritrattazione. Colla sua morte ritornò in qualche modo la pace alla Chiesa; e, cosa rara e felice, i suoi quattro successori, Giustino, Tiberio, Maurizio e Foca non figurano punto nella storia ecclesiastica dell’Oriente2.

  1. Nicezio, vescovo di Treveri. (Concil, t. IV, pag. 511-513) pel suo rifiuto di condannare i tre Capitoli, fu separato dalla comunione dei quattro Patriarchi, non che la maggior parte dei prelati della Chiesa gallicana (San Gregor. epist. l. VII; epist. 5 in Concil. t. VI, p. 1007). Baronio quasi quasi pronuncia la dannazione di Giustiniano (A. D. 565, n. 6).
  2. Dopo avere Evagrio narrata l’ultima eresia di Giustiniano (l. IV, c. 39, 40, 41), e l’editto del suo successo-