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dell'impero romano cap xlvii. | 73 |
zia, e nell’esilio, il Sinodo di Calcedonia, mentre il successore di S. Cirillo avrebbe desiderato di poterne comperare la condanna al prezzo di duemila libre d’oro.
[A. D. 508-518] In mezzo all’effervescenza di quel secolo bastava il senso, anzi il suono d’una sillaba a turbar la quiete dell’imperio. S’opposero i Greci, che il Trisagion1 (tre volte santo) santo, santo, santo, il Dio Signor degli eserciti fosse identicamente quell’Inno che da tutta l’eternità ripetono gli Angeli e i Cherubini davanti il trono di Dio, e che in maniera miracolosa fu rivelato alla Chiesa di Costantinopoli verso la metà del quinto secolo. La divozione degli abitanti di Antiochia poco dopo vi aggiunse: „che fu crocifisso per noi„; questo indirizzo al solo Cristo, e alle tre Persone della Trinità può giustificarsi secondo le regole della Teologia, e fu insensibilmente adottato dai Cattolici dell’Oriente e dell’Occidente. Ma era stato immaginato da un Vescovo monofisita2. Questo regalo d’un nemico fu da prima, come orribile e pericolosa bestemmia, ributtato,
- ↑ Petavio (Dogmat. Theolog. t. V, l. V, c. 2, 3, 4, p. 217-225), e Tillemont (Mém. ecclés. t. XIV, p. 713, etc. 799), ci danno la storia e la dottrina del Trisagion; nei dodici secoli che passarono fra Isaia e il giovanetto S. Proculo, che fu rapito in Cielo alla presenza del vescovo e del popolo di Costantinopoli, era stato ben perfezionato questo Inno. Intese il giovanetto queste parole dalla bocca degli angeli. „Santo Dio! Santo forte! Santo immortale!„
- ↑ Pietro Gnafeo, il Gualchieraio, (mestiere ch’egli facea nel suo monastero) patriarca d’Antiochia. La sua noiosa storia si discute lungamente negli annali di Pagi (A. D. 477-490), e in una dissertazione del signor di Valois sulla fine del suo Evagrio.