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372 storia della decadenza

monta. La contraria opinione fu condannata non come un errore, ma come eresia, in vigor di quelle parole dell’Evangelo: „E un decreto di Cesare Augusto dichiarò che tutto il Mondo dovesse pagare l’imposizione„1.

Se attraverso lo spazio dei tempi o de’ luoghi, noi raffrontiamo Augusto con Carlo, i due Cesari ci presenteranno un contrapposto ben forte. Carlo nascondea la sua debolezza sotto la maschera dell’ostentazione, e il primo velava la sua forza coi colori della modestia. Augusto, capitanando le sue vittoriose legioni, dando leggi alla terra e al mare, dal Nilo e dall’Eufrate sino all’Oceano Atlantico, si dicea servitor dello Stato e l’uguale a’ suoi concittadini. Il trionfator di Roma e delle province si sottomettea alle formalità volute dagli offici legali e popolari di censore, di console e di tribuno. La sua volontà era la legge del Mondo; ma per pubblicar questa legge prendeva in prestito la voce del senato e del popolo; da essi il padrone riceveva le nomine rinnovate delle cariche temporanee già conferitegli per amministrar la repubblica. Negli abiti, nell’interno della casa2, nei titoli, in tutte le azioni

  1. Gravina, Origines Juris Civilis p. 108.
  2. Furon trovate seimila urne che servivano per gli schiavi e pei liberti d’Augusto e di Livia. Tanta era la moltiplicità degl’impieghi, che uno schiavo per esempio non aveva altra incumbenza che di pesare la lana filata dalle fantesche di Livia, un altro d’aver cura del cane ec. (Camere sepolcrali ec. del Bianchini. Vedi pure l’estratto della sua opera nella Biblioteca Italica, t. IV, p. 175, e l’elogio fattone da Fontanelle, t. VI. p. 356). Ma quei servi avean tutti lo stesso grado, e forse non erano più numerosi di quelli di Pollione o di Lentulo. Provano solamente quanta fosse in generale la ricchezza della città di Roma.