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dell’impero romano cap. xlix |
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Arles portavano in gran pompa i suggelli del triplice reame. Il gran Maresciallo, montato sur un palafreno, per segno di sue incombenze, tenea in mano un moggio d’argento pieno d’avena, ch’egli spandea per terra, indi scendea da cavallo per regolare l’ordinanza de’ convitati. Il gran Siniscalco, il conte palatino del Reno, recava i piatti in tavola. Dopo il banchetto il margravio di Brandeburgo, gran Ciamberlano, si presentava colla brocca e il bacino d’oro, e gli dava da lavar le mani; il re di Boemia era raffigurato, come gran Coppiere dal fratello dell’Imperatore duca di Lussemburgo e del Brabante; e la cerimonia era terminata dai grandi officiali della caccia, i quali con un frastuono di corni e di cani introduceano un cervo ed un cignale1. Nè alla sola Alemagna era ristretta la supremazia dell’Imperatore; i monarchi ereditari dell’altre contrade dell’Europa confessavano la preeminenza sua di grado e di dignità: era egli il primo dei principi cristiani, e il Capo temporale della gran repubblica d’Occidente2: già da gran tempo assumeva il titolo di maestà, e contrastava al Papa l’eminente diritto di creare i re, e di convocare i Concilii. L’oracolo delle leggi civili, il dotto Bartolo, riceveva una pensione da Carlo IV, e la sua scuola risonava di questa sentenza, che il romano Imperatore era il sovrano legittimo della Terra, cominciando dai luoghi ove si leva il Sole sino a quelli dove tra-
- ↑ Vedi la descrizione di questa cerimonia nello Struvio p. 629.
- ↑ La repubblica dell’Europa col Papa e coll’Imperatore per Capi non fu mai rappresentata con più dignità, quanto nel Concilio di Costanza. Vedi l’Istoria di quest’assemblea scritta dal Lenfant.