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dell’impero romano cap. xlix 357

la rivolta del popolo, e l’ingratitudine di Giovanni XII. Il Papa fu deposto dalla Sede in un Sinodo; il Prefetto a cavallo d’un asino fu frustato per tutti i quartieri della città, poi cacciato nel fondo d’un carcere; tredici cittadini de’ più colpevoli spirarono su le forche, altri furono mutilati e sbanditi, e servirono le antiche leggi di Teodosio e di Giustiniano a giustificare tanta severità di gastighi. Ottone II dalla voce pubblica fu accusato d’avere con una atrocità pari alla perfidia fatto trucidare alcuni Senatori, da lui invitati a pranzo, sotto le sembianze d’ospitalità e d’amicizia1. [A. D. 998] Durante la minorità di Ottone III, suo figlio, Roma tentò con vigoroso sforzo di scuotere il giogo de’ Sassoni, e il console Crescenzio fu il Bruto della repubblica. Dalla condizione di suddito e d’esule giunse due volte al comando della città; perseguitò, cacciò, creò i Papi, e tramò una cospirazione per ristabilire l’autorità degl’Imperatori greci. Sostenne un assedio ostinato in castel Sant’Angelo; ma sedotto da una promessa d’impunità, fu appiccato, e s’espose il suo capo su i merli della Fortezza. Per un rovescio di sorte avvenne poi che Ottone, avendo diviso qua e là il suo esercito, fu assediato per tre giorni nel suo palazzo, ove difettava di vittovaglie; e solamente con una vergognosa fuga potè sottrarsi alla giustizia o al furor de’ Romani. Il senatore Tolomeo

  1. Questo sanguinario banchetto è descritto in versi leonini nel Panteon di Goffredo da Viterbo (Scriptor. Ital., t. VII, p. 436, 437) che visse su la fine del secolo dodicesimo (Fabricio, Bibl. lat. Med. et infimi aevi, t. III. p. 69, edit. Mausi); ma il Muratori (Annali, t. VIII, p. 177) diffida a ragione di tal testimonianza, che illuse il Sigonio.