|
dell'impero romano cap xlvii. |
29 |
glio, posano in pace al fianco dei lor rivali1. S. Cirillo predicava e digiunava nel deserto; ma, giusta il rimprovero fattogli da un suo amico2, i suoi pensieri stavano sempre fissi sul Mondo, e l’ambizioso eremita non fu che troppo sollecito ad obbedire alla voce di Teofilo, che lo chiamava alla vita fragorosa delle città, e dei Sinodi. Coll’assenso dello zio attese alla predicazione, e presto ottenne il favor popolare. La sua bella figura adornava il pulpito, la sua voce armoniosa rimbombava nella cattedrale. Stavano i suoi amici in un posto, da cui diriger potevano, e assecondare gli applausi della Congregazione3, e vari scrivani raccoglievano rapidamente i suoi discorsi, i quali per l’effetto, non per la composizione, ponno paragonarsi a quelli degli Oratori d’Atene. Colla morte di Teofilo crebbero, e s’avverarono le speranze del nipote. Era diviso d’opinione il Clero di Alessandria: i soldati e il generale favoreggiavano l’Ar-
- ↑ La Croze (Hist. du Christianisme des Indes, t. I. p. 24) confessa la poca stima che fa dell’ingegno e degli scritti di S. Cirillo. „Fra tutte l’opere degli antichi, egli dice, poche se ne leggono di meno profittevoli„. E Dupin (Bibl. eccl., t. IV, p. 42-52) c’insegna a sprezzarle, quantunque ne parli con rispetto.
- ↑ Chi gli fa questo rimbrotto è Isidoro di Pelusio (l. I, epist. 25, p. 8). Non essendo troppo autentica la lettera, Tillemont, men sincero dei Bollandisti, affetta il dubbio, se questo Cirillo fosse il nipote di Teofilo (Mémoires ecclés., t. XIV, p. 268).
- ↑ Socrate (lib. VII, 13) chiama un grammatico διαπυρος δε ακροατης του επισκοπου κυριλλου καθεστως, και περι το κροτους εν ταις διοδασκαλιαις αυτου εγειρειν ην σπουδαιοτατος, un uditore del vescovo Cirillo che assisteva con fervore alle sue prediche, ed era tutto intento a suscitargli applausi.