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dell’impero romano cap. xlix 337

secoli a mezzo di rapine arricchirono le milizie vittoriose, o andarono ad ornare le Chiese dell’Italia e della Gallia1. Dopo l’assoggettamento della Pannonia, non ebbe l’Impero di Carlomagno altri confini che il confluente del Danubio, della Teyss e della Sava: acquistò senza fatica, ma con poco profitto, le province d’Istria, di Liburnia e di Dalmazia; e per un effetto della sua moderazione soltanto, rimasero i Greci possessori, veri o titolari, delle città marittime; ma l’acquisto di que’ paesi rimoti giovò più alla sua fama che alla sua potenza, e non ebbe il coraggio di avventurare qualche fondazione ecclesiastica per togliere i Barbari alla lor vita vagabonda, ed all’idolatria. Non fece che pochi tentativi per aprire qualche canale di comunicazione tra la Sonna e la Mosa, il Reno e il Danubio2. Questo divisamento se fosse stato compiuto avrebbe dato vita all’Impero; e in vece Carlomagno sprecò spesse volte, nel costruire una cattedrale, più denari e lavori di quelli che avrebbe costato sì fatta impresa.

  1. Quot praelia in eo gesta! quantum sanguinis effusum sit! testatur vacua omni habitatione Pannonia, et locus in quo regia Cagani fuit ita desertus, ut ne vestigium quidem humanae habitationis appareat. Tota in hoc bello Hunnorum nobilitas periit, tota gloria decidit, omnis pecunia et congesti ex longo tempore thesauri direpti sunt.
  2. Non intraprese la congiunzione del Reno e del Danubio che per agevolare le operazioni della guerra di Pannonia (Gaillard, Vie de Charlemagne, t. II, p. 312-315). Pioggie esorbitanti, fatiche militari e terrori superstiziosi interruppero questo canale, che sarebbe stato lungo soltanto due leghe; se ne vedono ancora alcune vestigia nella Svevia (Schaepflin, Hist. de l’Accad. des inscript. t. XVIII. p. 256. Molimina fluviorum, etc. jungendorum, p. 59-62).