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non avranno forse avuto conseguenze realmente funeste alla pubblica felicità. Appena si vorrà permettermi d’accusare l’ambizione d’un conquistatore; ma in un giorno di ricompense, i figli di Carlomano suo fratello, i principi Merovingi d’Aquitania, e i quattromila cinquecento Sassoni decapitati nel luogo medesimo, avrebbero qualche rimprovero da fare alla giustizia e all’umanità di Carlomagno. Il trattamento che soffersero i Sassoni1 fu un abuso del dritto della vittoria. Le sue leggi non furono men sanguinarie delle sue armi, e nell’esame de’ suoi motivi tutto quello che non si attribuisce alla superstizione debbe essere imputato al suo naturale. Il lettor sedentario stupisce dell’instancabile attività dello spirito e del corpo di quel gran principe; e i suoi sudditi erano sorpresi del pari che i suoi nemici delle subitanee comparse, con cui veniva lor sopra, quando lo credeano nelle contrade più lontane dell’Impero. Non riposava nè in tempo di pace, nè in tempo di guerra; non nel verno, non nella state; e la nostra immaginazione non sa facilmente conciliare gli annali del suo regno colle particolarità geografiche delle sue spedizioni. Ma quella prontezza era una virtù nazionale piut-

  1. Oltre le strage e le trasmigrazioni, a cui furono assoggettati i popoli della Sassonia, decretò Carlomagno la pena di morte ai delitti seguenti: 1. Per chi ricusava il Battesimo; 2. per chi si dicesse battezzato col fine d’evitare il Battesimo; 3. per chi ricadeva nell’idolatria; 4. per chi uccideva un sacerdote o un vescovo; 5. per chi sagrificasse vittime umane; 6. per chi mangiasse carne in quaresima; ma tutti i delitti si espiavano col Battesimo o con una penitenza (Gaillard t. II, p. 241-247); e i Cristiani sassoni diveniano gli eguali e gli amici dei Francesi. (Struv., Corpus Hist. germanicae, p. 133).