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dell’impero romano cap. xlix 325

no seguente d’andare esso stesso a compiere questo pio dovere in Roma. Vi si trasferì di fatto Carlomagno per la quarta ed ultima volta, e fu accolto cogli onori dovuti al re de’ Franchi, e al patrizio di quella capitale. Fu permesso a Leone di scolparsi col giuramento dai delitti imputatigli; i suoi nimici furon ridotti al silenzio, e troppo umanamente puniti furono coll’esilio i sacrileghi assassini che aveano cospirato contro la sua vita. Nel giorno di Natale dell’ultimo anno del secolo ottavo, si trasferì Carlomagno alla Basilica di S. Pietro: per satisfare alla vanità dei Romani avea cangiato l’abito semplice della sua nazione, in quello di patrizio di Roma1. Dopo la celebrazione dei Santi Misteri improvvisamente Leone pose sul capo del principe una corona preziosa2, e risonò la Chiesa di questa acclamazione „Lunga vita e vittoria a Carlo, piissimo Augusto, coronato dalla mano di Dio, grande e pacifico Imperator dei Romani„. Gli fu versato l’olio reale sulla testa e sul corpo. Secondo l’esempio de’ Cesari fu salutato e adorato dal Pontefice; nel giuramento della sua incoro-

  1. Si fece veder due volte in Roma ad istanza d’Adriano e di Leone, „longa tunica et chlamide amictus, et calceamentis quoque romano more formatis„. Eginardo (c. 23, p. 109-113) descrive, alla maniera di Svetonio, la semplicità del suo abito, talmente usitato in Francia, che quando Carlo il Calvo ritornò colà con un vestito forestiero, i cani patriotti gli abbaiavano dietro (Gaillard, Vie de Charlemagne, t. IV, p. 109).
  2. V. Anastasio (p. 199) ed Eginardo (c. 28; p. 124-128). L’unzione è riferita da Teofane (p. 399); il giuramento da Sigonio, (giusta l’Ordo romanus); e dagli Annali Bertiniani (Script. Muratori t. 11, part. II, p. 505) l’adorazione del Papa, more antiquorum principum.