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dell’impero romano cap. xlix 317

della seconda di queste Assemblee, e ricusò ai suoi avversari quella tolleranza che da prima aveva conceduta a’ suoi amici. La lite fra gli Iconoclasti e i difensori del culto delle Immagini durò trentott’anni, o sia per cinque regni consecutivi, collo stesso furore, benchè con diversi successi; ma non è mio intendimento di rivangare minutamente fatti simili ai già narrati. Diede Niceforo su questa materia una libertà generale di discorsi e di contegno; e i monaci indicarono questa sola virtù del suo regno come origine delle sue disgrazie in questo Mondo, e della sua dannazione eterna. Superstizione e debolezza fecero il carattere di Michele I; ma non valsero nè i Santi nè le Immagini, a cui offeriva omaggio continuamente, a sostenerle sul trono. Quando Leone ottenne la porpora, col nome d’Armeno, ne prese pure la religione, e le Immagini coi lor sediziosi aderenti furono di bel nuovo sbandite. Avrebbero i partigiani delle Immagini santificato cogli elogi l’assassinio di un empio tiranno; ma Michele II suo assassino, e successore, era sin dalla nascita affetto dell’eresie frigie volle interporre la sua mediazione fra le due Sette, e l’intrattabile contegno dei cattolici fece pendere la bilancia a poco a poco dall’altra parte. Per timidezza si mantenne nella moderazione; ma Teofilo, suo figlio, incapace del pari di timore e di compassione, fu l’ultimo e il più crudele degl’Iconoclasti. Allora erano sfavorevoli ad essi le disposizioni generali, e gl’Imperatori che vollero fermare il torrente, non conseguirono altro che l’odio pubblico. Morto Teofilo, una seconda moglie, Teodora sua vedova, a cui lasciò la tutela dell’Impero, finì il trionfo compiuto delle Im-