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306 storia della decadenza

S. Pietro, e compierono, con questa volontaria confessione, il circondario odierno dello Stato ecclesiastico. Divenne questo circolo misterioso d’un’ampiezza indefinita mercè la donazione verbale o scritta di Carlomagno1, il quale ne’ primi trasporti della sua vittoria spogliò sè stesso e l’Imperatore greco delle città e delle isole dipendenti altre volte dall’Esarcato. Ma riflettendo, lontano dall’Italia, a mente più fredda a quanto avea fatto, guardò con occhio di invidia e di diffidenza la nuova grandezza del suo alleato ecclesiastico. Eluse in guisa rispettosa l’esecuzione nelle sue promesse e di quelle di suo padre; sostenne il Re dei Francesi e dei Lombardi i diritti inalienabili dell’Impero, e finch’ei visse, e nel punto di sua morte, Ravenna2 e Roma furono sempre contate nel numero delle sue città metropolitane. Svanì la sovranità dell’Esarcato tra le mani dei Papi. Trovarono questi nell’Arcivescovo di Ravenna un ri-

  1. Saint-Marc (Abrégé, t. 1, p. 390-408) che ha bene studiato il Codex Carolinus, esamina accuratamente qual fu la politica e quale la donazione di Carlomagno. Credo con lui che quella donazione non fu che verbale. L’Atto il più antico di donazione che si produce è quello dell’Imperatore Luigi il Pio (Sigonio, De regno Italiae, l. IV, Opera, t. II, p. 267-270). Si dubita assai della sua autenticità, o almeno della sua integrità (Pagi, A. D. 817, num. 7, ec; Muratori, Annali, t. VI, p. 432, ec; Dissertat. chorographica, p. 33, 34); ma non trovo negli autori alcuna ragionevole obiezione fondata sul modo con cui disponeano que’ principi liberamente di ciò che loro non apparteneva.
  2. Domandò Carlomagno i mosaici del palazzo di Ravenna ad Adriano I, cui apparteneano; li ottenne; voleva abbellire con essi Aquisgrana (Codex Carol., epist. 67, p. 223).