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storia della decadenza |
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e la città1. Ai giorni di Carlo Martello e di Pipino, l’interposizione del regno dei Lombardi minacciava la sicurezza di Roma, ma ne proteggea la libertà, e la parola patriziato rappresentava soltanto il titolo, i servigi e l’alleanza di que’ protettori lontani. La potenza e politica di Carlomagno annichilarono i Lombardi, e lo fecero signore di Roma. Quando per la prima volta entrò in quella città, vi fu ricevuto con tutti gli onori, renduti in altri tempi all’Esarca, cioè al rappresentante dell’Imperatore; la gioja e la gratitudine del Papa Adriano I2 aggiunsero maggior lustro a quegli onori. Non così tosto ei seppe l’improvviso avvicinamento del monarca, che gli mandò incontro i magistrati e i Nobili colla bandiera, trenta miglia in circa dalla città. Le Scuole o le Comunità nazionali dei Greci, dei Lombardi, dei Sassoni etc. si affilarono lunghesso i due lati della via flaminia, per lo spazio d’un miglio; era la gioventù di Roma sotto le armi, e fanciullini, con palme e rami d’olivo in mano, cantavano le lodi del-
- ↑ Possono
i difensori del Papa rattemperare il significato simbolico della bandiera e delle chiavi; ma sembra che le parole ad regnum dimisimus o direximus (Codex Carol. epist. I, t. III, part. II, p. 76) non ammettino nè palliativi nè sutterfugii. Nel manoscritto della Biblioteca di Vienna leggesi rogum, preghiera o supplica, in vece di regnum (Vedi Ducange), e questa rilevante correzione distrugge il titolo regio di Carlo Martello. (Catalani, nelle sue Prefazioni critiche degli Annali d’Italia, t. XVII, p. 95-99.)
- ↑ Leggesi nel Liber pontificalis, che contiene relazioni autentiche intorno a quel ricevimento: Obviam illi ejus sanctitas dirigens venerabiles cruces, id est signa; sicut mos est ad exarchum aut patricium suscipiendum, eum cum ingenti honore suscipi fecit (t. III, part. I., p. 185).