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294 | storia della decadenza |
[A. D. 754] Aveva Gregorio I, nelle sue calamità, implorato i soccorsi dell’eroe del suo secolo, di Carlo Martello, che governava la Francia col titolo modesto di Prefetto del Palazzo o di Duca, e che colla sua vittoria segnalata sopra i Saracini avea salvata la patria, e forse l’Europa, dal giogo dei Musulmani. Ricevè Carlo col dovuto rispetto gli ambasciatori del Papa; ma l’importanza delle sue occupazioni e la brevità della sua vita non gli permisero d’immischiarsi negli affari dell’Italia che per via d’una mediazione amichevole ed infruttuosa. Suo figlio Pipino, erede del suo potere e delle sue virtù, si dichiarò difensore della Chiesa romana, e sembra che lo zelo di questo principe fosse eccitato dall’amor della gloria e dalla religione; ma era il pericolo sulle sponde del Tevere, i soccorsi su quelle della Senna, e debole è la nostra compassione per miserie lontane da noi. Mentre abbandonavasi la città di Roma al dolore, Stefano III prese la generosa risoluzione di condursi in persona alla Corte di Lombardia e a quella di Francia, di piegare l’ingiustizia del suo nimico, o di destare la pietà e l’indignazione del suo amico. Mitigata la pubblica disperazione con preghiere e litanie, intraprese quel faticoso viaggio cogli ambasciatori del Monarca francese, e con quelli dell’Imperator greco. Il Re dei Lombardi fu inesorabile; ma non poterono le sue minacce frenare i lamenti, o ritardare la diligenza del Pontefice di Roma, che traversò le Alpi pennine, si riposò nell’abbazia di S. Maurizio, e