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dell’impero romano cap. xlix 291

è oggigiorno assodato da dieci secoli di rispetto, e il loro più bel titolo e la libera scelta di un popolo, ch’essi aveano sottratto dalla schiavitù.

[A. D. 730-752] In mezzo alle dispute dell’antica Grecia godeva il popol santo dell’Elide una pace continua sotto la protezione di Giove, e nell’esercizio de’ Giuochi Olimpici1. Sarebbe stato una fortuna pei Romani che un simile privilegio difendesse il patrimonio della Chiesa dalle calamità della guerra, e che i cristiani, i quali andavano a vedere la tomba di San Pietro, si credessero tenuti, alla presenza dell’apostolo e del suo successore, di riporre le spade nel fodero; ma questo mistico cerchio non potea essere delineato che dalla verga d’un legislatore e d’un saggio: questo pacifico sistema non s’uniformava collo zelo e coll’ambizione dei Papi; non erano i Romani, come gli abitanti dell’Elide, dediti agl’innocenti e placidi lavori dell’agricoltura, e le instituzioni pubbliche e private dei Barbari dell’Italia, malgrado dell’effetto che aveva il clima prodotto sui loro costumi, erano assai inferiori a quelle degli Stati della Grecia. Luitprando, Re dei Lombardi, diede un esempio memorando di pentimento e di divozione. Ascoltò questo vincitore, in mezzo alle armi, alla porta del

    sert. 27, p. 548. Sopra una di quelle monete leggesi Hadrianus Papa (A. D. 772), sul rovescio, Vict. DDNN, colla parola CONOB, che il padre Ioubert (Science des médailles, t. II, p. 42) spiega per CONstantinopoli Officina B, (secunda).

  1. Vedi la dissertazione di West sui Giuochi Olimpici (Pindaro, vol. 2, p. 32-36: ediz. in 12), e le giudiziose riflessioni di Polibio (t. I., l. IV, p. 466, ediz. di Gronov.)