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dell’impero romano cap. xlix 285

Furono nel tempo istesso Gregorio II e Gregorio III dichiarati dal monarca autori della ribellione, e condannati per tali: si fece il potere per impadronirsi della loro persona colla frode o colla violenza, o per toglier loro la vita. S’introdussero in Roma, o vennero più volte ad assalirla, capitani, guardie, duchi e vescovi, investiti d’una dignità pubblica, o deputati con una secreta commissione; approdarono con bande straniere; trovarono nel paese qualche soccorso, e dee la città superstiziosa di Napoli arrossire, che i suoi antenati difendessero allora la causa dell’eresia: il valore però e la vigilanza dei Romani rispinsero quegli assalti palesi o clandestini; i Greci furono sconfitti e trucidati, morti i Capi d’una morte ignominiosa, e per quanto fossero i Papi inclinati alla clemenza, ricusarono d’intercedere in favore di quelle colpevoli vittime. Risse sanguinose, prodotte da un odio ereditario, divideano da lungo tempo i diversi rioni della città di Ravenna1; trovarono quelle fazioni un nuovo alimento nella controversia religiosa che sorgeva allora; ma aveano i partigiani delle Immagini la superiorità del numero o del va-

    ordinata da Faraone. Questa forma di gabella era famigliare ai Saracini, e sgraziatamente per Maimbourg, Luigi XIV suo protettore la introdusse in Francia pochi anni dopo.

  1. V. il Liber pontificalis d’Agnellus (nei Scriptores rerum italicarum di Muratori, t. II part. I). Scorgesi in questo scrittore un color più carico di barbarismo, d’onde risulta, ch’erano i costumi di Ravenna un pò differenti da quelli di Roma. Gli siamo però debitori di alcuni fatti curiosi e particolari di quella città. Egli ci dà a conoscere i quartieri e le fazioni di Ravenna (p. 154), la vendetta di Giustiniano II (p. 160, 161) e la sconfitta dei Greci (p. 170, 171), etc.