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le città dell’Esarcato e della Pentapoli, aderirono alla causa della religione; erano quasi tutti indigeni i soldati di terra e di mare; e infusero ai mercenarii stranieri lo spirito di patriottismo e di zelo, da cui essi stessi erano animati. Giurarono gli Italiani di vivere o morire per la difesa del Papa e delle sante Immagini; era il popolo romano consegrato al suo padre spirituale, ed anche i Lombardi bramavano di dividere il merito e i vantaggi di quella sacrosanta battaglia. La distruzione delle statue di Leone fu l’atto di ribellione il più apparente, il più audace e quello che veniva in capo più naturalmente: il più efficace e il più vantaggioso fu di ritenere il tributo che pagava l’Italia a Costantinopoli, e di spogliare in tal guisa il principe d’un potere, del quale poco prima aveva abusato coll’esigere una nuova capitazione1. Si elessero magistrati e governatori, e si conservò così una forma di governo; tant’era la pubblica indignazione, che i Romani si disponeano a creare un Imperatore ortodosso, e a condurlo con una squadra navale ed un esercito nel palazzo di Costantinopoli.

    Liber pontificalis. Respiciens ergo pius vir profanam principis jussionem, jam contra imperatorem quasi contra hostem se armavit, renuens haeresim ejus, scribens ubique se cavere christianos eo quod orta fuisset, impietas talis. igitur permoti omnes Pentapolenses, atque Venetiarum exercitus contra imperatoris jussionem restituerunt: dicentes se nunquam in ejusdem pontificis condescendere necem, sed pro ejus magis defensione viriliter decertare (p. 156).

  1. Un census o capitazione, dice Anastasio (p. 156), tassa crudele e ignota agli stessi Saracini, esclama lo zelante Maimbourg (Histoire des Iconoclastes, l. I), e Teofane (p. 344), che ricorda l’enumerazione dei maschi d’Israele,