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dell’impero romano cap. xlix 265

dizio decisivo sul disprezzo che ispirar doveano quegl’Idoli muti e inanimati1. Aveva fatta Edessa lunga resistenza agli assalti del Re di Persia; ma quella città prediletta, la sposa di Gesù Cristo, videsi involta nella comune ruina, e l’Immagine del Salvator del Mondo divenne un trofeo della vittoria degli Infedeli. Dopo tre secoli di servitù, fu renduto il Palladio alla divozione di Costantinopoli, che pagò, per averlo, dodicimila lire d’argento, rimise in libertà duecento Musulmani, e promise di non mover guerra giammai contra il territorio d’Edessa2.

In que’ tempi di calamità e di abbattimento usarono i monaci tutta la forza dell’eloquenza in difesa delle Immagini; vollero provare che i peccati e lo Scisma della maggior parte degli Orientali aveano alienato il favore, e annichilata la virtù di que’ Simboli preziosi; ma si ebbero contro i susurri d’una folla di cristiani che invocavano i testi, i fatti e l’esempio dei tempi primitivi, e che bramavano secretamente la riforma della Chiesa. Siccome non era stato il culto delle Immagini stabilito da veruna legge generale o positiva, nell’Impero d’Oriente, fu-

  1. Jezid, nono Califfo della razza degli Omniadi, distrusse tutte le Immagini della Siria verso l’anno 719: onde gli ortodossi rimproverarono ai Settarii di seguire l’esempio dei Saracini e degli Ebrei (Fragm. mon. Johan. Jerosolymit. script. Byz., t. XVI, p. 235. Hist. des Répub. ital., par Sismondi t. I, p. 126). (Nota dell’Editore francese).
  2. Vedi Elmacin (Hist. Saracen., pag. 267), Abulfaragio (Dynast., p. 201), Abulfeda Annal. Moslem., p. 264), e le Critiche del Pagi (t. III, A. D. 944). Non ardisce questo prudente Francescano di determinare, se a Roma o a Genova riposi l’immagine d’Edessa; ma essa riposa senza gloria; non è più alla moda, ed ha perduta la sua antica celebrità.