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storia della decadenza |
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un eroe. Dicesi, che un giorno uccidesse colle sue mani più di quaranta Barbari, e ritornasse nel campo trascinando quattro prigionieri turchi attaccati agli anelli della sua sella; sempre il primo qualvolta si trattava di proporre, o d’accettare un duello, trafiggea colla sua lancia, o fendea per mezzo colla sciabla i campioni giganteschi che osavano resistere al suo braccio. La storia delle sue geste, che può considerarsi per modello o per copia de’ romanzi di cavalleria, dà sospetto della veracità dei Greci; nè io per comprovare la credenza che si debbe averne, rinuncierò a quella che posso meritare; osserverò tuttavolta, che nella lunga serie dei loro annali, Manuele è quel solo principe, che abbia data occasione a così fatte esagerazioni. Ma al valor d’un soldato non seppe congiungere l’abilità, o la prudenza d’un Generale; dalle sue vittorie non risultò veruna conquista, che utile fosse o durevole, e quegli allori, che avea mietuti, combattendo coi Turchi, s’appassirono nell’ultima campagna, in cui perdette l’esercito sulle montagne della Pisidia, e fu debitor della vita alla generosità del Soldano. Il carattere per altro più singolare dell’indole di Manuele, si vede nel contrapposto, e nell’alternativa d’una vita or laboriosa, ora indolente nelle più dure fatiche, e nei sollazzi più effeminati. In guerra parea che ignorasse che si può vivere in pace; e nella pace sembrava inetto a far guerra. In campagna dormiva al sole o sulla neve; nè uomini, nè cavalli potean resistere agli stenti ch’egli durava nelle sue lunghe corse militari; egli dividea, ridendo, l’astinenza e il regime frugale delle sue soldatesche; ma appena tornato a Costantinopoli si dava tutto alle arti, ed ai piaceri d’una vita voluttuosa: negli abiti, nella ta-