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dell'impero romano cap xlviii. | 223 |
Il suo carattere venne impicciolito dall’animo superstizioso de’ Greci; e uno stesso principio, irregolare ne’ suoi effetti, lo condusse a fondare uno spedale pei malati e pei poveri, e a comandare il supplicio d’un eretico che fu arso vivo sulla piazza di Santa Sofia. Coloro che avevano seco lui vissuto intimamente, sospettarono perfino delle sue morali e religiose virtù. Allorchè, giunto agli estremi, lo andava Irene, sua moglie, sollecitando a cangiar l’ordine della successione, alzò il capo, e rispose con un sospiro accompagnato da una pia esclamazione sulla vanità di questo Mondo. Sdegnata l’Imperatrice, gl’indirizzò queste parole, che si sarebbero dovuto scolpire sulla sua tomba: „Tu muori come vivesti, da IPOCRITA.„
Voleva Irene soppiantare il maggiore de’ suoi figli per favorire la principessa Anna, sua figlia, la quale malgrado della sua filosofia, non avrebbe ricusato il diadema; ma non patirono gli amici della patria, che uscisse la successione fuor della linea maschile; il legittimo erede levò il suggello reale di dito al padre, che non se n’avvide, o che vi acconsentì; e l’Impero si sottomise al signore del palazzo. L’ambizione e la vendetta spinsero Anna Comnena a tramare la morte del fratello regnante; ma pei timori e scrupoli di suo marito essendo andato a voto il disegno, adirata esclamò, avere la natura confuso i sessi, e dato a Briennio l’anima d’una donna. Giovanni ed Isacco, figli d’Alessio, conservarono a vicenda quella fraterna amicizia, che era virtù ereditaria nella lor famiglia, e il cadetto si contentò del titolo di Sebastocratore, cioè d’una dignità per poco uguale a quella dell’Imperatore, ma spoglia d’autorità. I diritti della primogenitura fortunatamente erano accoppiati a quelli