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dell'impero romano cap xlviii. | 199 |
nato ed il clero vennero ciascheduno la loro volta a venerare e a baciare la spoglia esanime del loro sovrano. Prima che la processione funebre partisse verso il luogo che serviva di sepoltura agl’Imperatori, un araldo pronunciava questo spaventevole avviso: „Alzati, o Re della Terra, e obbedisci agli ordini del Re dei Re„.
[A. D. 959] Fu voce che Costantino fosso morto avvelenato: Romano, suo figlio, che aveva preso il nome dell’avo materno, succedette nel trono di Costantinopoli. Un principe, che di vent’anni era sospetto d’aver accelerato il momento in cui doveva ereditar da suo Padre, era, non v’ha dubbio, perduto nella pubblica opinione; ma piuttosto che malvagio, era debole, e s’imputava in gran parte questo delitto a sua moglie Teofane, donna di bassa nascita, di spirito ardito e di depravati costumi. Era ignoto al figlio di Costantino il sentimento della gloria personale e della pubblica felicità, veri diletti di chi regna; e mentre i due fratelli, Niceforo e Leone, trionfavano dei Saracini, egli logorava in un ozio perpetuo i giorni dovuti al suo popolo. Nella mattina andava al circo; a mezzodì riceveva al suo desco i senatori; passava quasi tutto il dopo pranzo nello Sferisterio, o sia giuoco della palla, unico teatro del suo valore. Varcando poscia sulla riva asiatica del Bosforo, cacciava e uccideva quattro cignali de’ più grandi e gagliardi; poi tornava al palazzo, lieto e superbo delle sue fatiche del giorno. Era notabile fra gli uomini della sua età per forza ed avvenenza; era di statura diritta ed alta come un giovine cipresso: di carnagione bianca e vivace; gli occhi erano parlanti, larghe le spalle; il naso lungo