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dell'impero romano cap xlviii. |
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Corte di Leon I, che usò loro generosa accoglienza, e onorevolmente li collocò nella provincia di Macedonia; posero poi stanza in Andrinopoli. Colà sostennero per più generazioni la dignità dei lor natali, e zelanti per l’Impero romano rigettarono le offerte seducenti dei Persiani e degli Arabi, che li richiamavano in patria: ma a poco a poco il tempo e la povertà ne oscurarono lo splendore, e il padre di Basilio si ridusse a coltivare colle sue mani un poderetto; non di meno troppo altero per avvilire il sangue degli Arsacidi con un matrimonio plebeo, sposò una vedova d’Andrinopoli, che vantava Costantino fra i suoi avi, e potè il loro figlio millantare qualche vincolo di parentela, o almen di nazione con Alessandro il Macedone. Questo figlio, per nome Basilio, appena aveva veduto il giorno, quando colla sua famiglia e cogli abitanti della città ov’era nato, fu rapito dai Bulgari, che vennero a devastare Andrinopoli: fu allevato nella servitù in un clima straniero, e quella disciplina severa gli procacciò un vigore di corpo e una pieghevolezza di mente che poi divennero la cagione del suo esaltamento. Sin dalla prima gioventù, o quando appena toccava l’età virile, fu del numero di quei prigionieri romani che spezzarono i lor ferri coraggiosamente; dopo avere attraversata la Bulgaria, afferrate le coste dell’Eusino, e sconfitti due eserciti di Barbari, s’imbarcarono su vascelli già apparecchiati pel loro arrivo, e tornarono a Costantinopoli; quindi ciascheduno si restituì alla sua famiglia. Basilio ricuperata la libertà, era tuttavia miserabile. Dai guasti della guerra era stato rovinato il suo podere: morto il padre, non bastava più il lavoro delle sue mani, o quel