|
dell'impero romano cap xlviii. |
179 |
mezzo al tumulto non si potè subito trovare un fabbro ferraio, gli restarono le catene alle gambe per molte ore, dopo che fu asceso sul soglio dei Cesari. Senza vantaggio alcuno del popolo fu versato il sangue reale, ch’era stato il prezzo dell’esaltazion di Michele. Conservò egli sotto la porpora i vizi ignobili della sua nascita, e perdè le province con grande indifferenza, come se le avesse ricevute per eredità dai suoi avi. Gli fu conteso l’Impero da Tommaso di Cappadocia, l’ultimo dei tre officiali contemplati dalla predizione fatta a Bardane. Dalle rive del Tigri e dalle sponde del mar Caspio condusse Tommaso in Europa ottantamila Barbari ad assediare Costantinopoli; ma si impiegarono tutti i presidii temporali e spirituali a difendere la capitale. Avendo un Re bulgaro investito il campo degli Orientali, Tommaso o per disgrazia, o per debolezza cadde vivo in potere del vincitore. Gli furon tagliati i piedi e le mani; fu messo sopra un asino, e in mezzo alle villanie della plebaglia fu condotto in giro per le vie, ch’egli irrigava col suo sangue. L’Imperatore assistette a questo spettacolo, e da ciò si potrà giudicare quanto feroci o depravati fossero i costumi di allora. Michele, sordo ai lamenti del suo commilitone, si ostinava a volere discoprire i complici della ribellione; ma un ministro o virtuoso o reo lo trattenne, chiedendogli: „se presterebbe fede alle deposizioni d’un nemico contro i suoi amici più fedeli„. Perduta che ebbe l’Imperatore la moglie, fu indotto dal Senato a sposare Eufrosina, figlia di Costantino VI, che viveva in un monastero, ed egli acconsentì alla preghiera. Per un riguardo probabilmente all’augusta nascita d’Eufrosina, si dichiarò nel