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178 | storia della decadenza |
ed uscire. Col pretesto di chiedere un confessore, Michele avvisò i congiurati, che i loro giorni dipendevano omai dalla sua discrezione, e che non avean che poche ore per salvarsi, e per liberare il loro amico e l’Impero. Nelle grandi feste ecclesiastiche un drappello di sacerdoti e di musici andava a palazzo, passando per una picciola porta, a cantare i mattutini nella cappella, e Leone, che faceva osservar nel suo coro una disciplina così esatta come nel campo, quasi sempre assisteva a questo ufficio della mattina. I congiurati, vestiti degli abiti ecclesiastici, e armati di spada, nascosta sotto le vesti, entrarono alla rinfusa con quelli che doveano ufficiare; s’appiattarono negli angoli della cappella, aspettando che l’Imperatore intuonasse il primo salmo, che appunto era il segnale convenuto. Subito s’avventarono ad uno sciagurato, ch’essi credeano Leone; potea l’oscurità del giorno, e l’uniformità del vestimento favorire la fuga del principe, ma quelli ben tosto s’avvidero dello sbaglio, e accerchiarono da tutti i lati la regia vittima. L’Imperatore senz’armi e senza difensori, afferrata una croce pesante contenne gli assassini per qualche istante; dimandò grazia, ma gli fu risposto da una voce terribile „esser quello il momento non della misericordia, ma della vendetta„. Un fendente di sciabola atterrò da prima il suo braccio destro e la croce; e poscia fu egli trucidato ai piè dell’altare.
[A. D. 820] Il destino di Michele secondo, cognominato il Balbo, per un difetto che avea nell’organo della parola, diede occasione ad un cangiamento memorabile,. Campò egli dalla fornace cui era stato condannato per salire al trono dell’Impero, e perchè in