Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
170 | storia della decadenza |
stante il loro stato, tormentati sempre dalla sete di regno, Niceforo e i suoi fratelli si lasciaron sedurre da un Capitano schiavone, che promise di rimetterli in libertà, e di guidarli armati e adorni della porpora alle porte di Costantinopoli; ma il popolo Ateniese, sempre zelante per Irene, ne prevenne la giustizia o la crudeltà, e seppellì finalmente nell’eterno silenzio per sino la rimembranza dei cinque figli di Copronimo.
[A. D. 780] Quest’Imperatore si avea scelta per moglie una Barbara, figlia del Khan dei Cozari; ma quando si trattò di maritare il suo erede, avea preferita una orfanella Ateniese dell’età di diciassett’anni, che pare non avesse altra fortuna che la bellezza. Le nozze di Leone e d’Irene furon celebrate con regia pompa: non tardò la principessa a conciliarsi l’amore e la fiducia d’uno sposo debole, il quale nel suo testamento la dichiarò Imperatrice, e affidò al suo governo il Mondo romano e il figlio Costantino VI, che non contava allora più di dieci anni. Durante la minorità del giovanetto, Irene si mostrò nella sua amministrazione pubblica donna ingegnosa ed attenta, fedele ed esatta ai doveri di madre; e lo zelo che pose a ristabilire le Immagini le ha meritato gli onori di Santa nei registri del calendario dei Greci; ma come fu escito dell’adolescenza, l’Imperatore ebbe a noia il giogo materno, porse orecchio a giovani favoriti della sua età, i quali, dividendo con lui i piaceri, avrebbero pur voluto partecipare alla sua autorità. Vinto dai lor discorsi, e persuaso de’ suoi diritti all’Impero, e de’ suoi talenti per sostenerlo, assentì che Irene, in premio de’ suoi servigi, fosse confinata per tutta la vita nell’isola di Sicilia. La