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164 | storia della decadenza |
che scemando i pericoli d’un’ambizione sfortunata, siasi operato per l’interesse del pubblico.
[A. D. 718] Dopo essermi fermato sul precipizio d’un tiranno, indicherò in poche parole il fondatore d’una nuova dinastia, noto alla posterità per l’invettive de’ suoi avversari, e la cui vita pubblica e privata van congiunte all’istoria degli Iconoclasti. Ad onta dei clamori della superstizione, l’oscurità della nascita e la durata del regno di Leone l’Isaurico inspirano una idea favorevole dell’indole di questo principe. In un secolo maschio l’esca della dignità imperiale avrebbe potuto avvivare tutta l’energia dello spirito umano, e suscitare una folla di competitori tanto degni del trono, quanto animosi ad occuparlo. Anche in mezzo della corruttela e della debolezza dei Greci in quel tempo, la fortuna d’un plebeo, che si sollevò dall’ultimo al primo grado della società, suppone prerogative in lui, superiori all’altezza delle volgari. Vi è ragion di pensare, che questo plebeo non conoscesse, e non curasse le scienze, e che nella sua carriera ambiziosa si dispensasse dai doveri della benevolenza e della giustizia; ma si può credere, che possedesse le virtù più utili, come la prudenza e la forza, e che avesse la cognizione degli uomini, e dell’arte importante di cattivarsi la fiducia, e di dirigere le passioni loro. È opinion generale che Leone fosse nato nell’Isauria, e che portasse da prima il nome di Conone. Certi scrittori, la cui satira inconsiderata può tenergli luogo d’elogio, lo rappresentano come un pezzente, che corresse a piedi da una fiera all’altra d’un paese, menandosi dietro un asino carico di qualche merce di poco prezzo. Narrano in un modo ridicolo, che s’abbattesse per via in alcuni