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dell'impero romano cap xlviii. 161

insultato nell’esilio, e spregiati i doveri dell’ospitalità, diresse egli tutti gli sforzi del suo odio implacabile. Poichè per la rimota lor situazione rimaneva loro qualche via per la difesa o per la fuga, impose a Costantinopoli una tassa, che dovea pagar le spese d’una squadra e d’un esercito da spedire contro essi: „Tutti sono colpevoli, e tutti han da perire;„ tale fu l’ordine di Giustiniano, e ad eseguire questo sanguinario decreto elesse Stefano, suo favorito, che gli era caro pel soprannome di Selvaggio. Ma il selvaggio Stefano adempiè imperfettamente alle intenzioni del suo sovrano. La lentezza delle sue mosse diede agio alla maggior parte degli abitanti di ritrarsi nell’interno del paese, ed il ministro delle vendette imperiali si contentò di ridurre in servitù i giovani dei due sessi, di ardere vivi sette dei primarii cittadini, di gettarne venti in mare, e di serbarne quarantadue a ricever la condanna dalla bocca di Giustiniano. Nel ritorno di Stefano la sua squadra si arenò agli scogli delle coste dell’Anatolia; e Giustiniano applaudì alla cortesia dell’Eusino, che aveva in un medesimo naufragio ravvolte tante migliaia dei suoi sudditi e dei suoi nemici; ma pure, sitibondo di sangue, comandò il tiranno una seconda spedizione, che annientasse gli avanzi della colonia da lui proscritta. In quel breve intervallo, erano ritornati i Chersoniti in città, e s’apparecchiavano a perire coll’armi in mano; il Khan dei Cozari aveva abbandonata la causa del suo detestabile cognato; i fuorusciti di tutte le province si raccolsero in Tauride, e Bardane, sotto nome di Filippico, ebbe la porpora. Le milizie imperiali non volendo, nè potendo mandare ad effetto i disegni vendicativi di Giustiniano si sot-