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dell'impero romano cap xlvii. |
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scopali si sono concentrate nell’Abuna1 o Capo de’ sacerdoti dell’Abissinia ordinati da lui: vacando questo posto, il Patriarca d’Alessandria nomina ad occuparlo un monaco egiziano, avvegnacchè un forestiero investito di quella dignità sembra agli occhi del volgo più rispettabile, e meno pericoloso a quei del monarca. Quando nel sesto secolo si palesò apertamente lo scisma d’Egitto, i Capi rivali, coll’assistenza de’ lor protettori Giustiniano e Teodora, fecero ogni potere per rapire l’uno all’altro il conquisto di quella provincia remota ed independente. Anche questa volta la scaltrezza dell’Imperatrice vinse la pruova, e la pia Teodora stabilì in quella Chiesa lontana la fede e la disciplina de’ Giacobiti2. Circondati per ogni lato da’ nemici della loro religione, sonnecchiarono gli Etiopi quasi per dieci secoli, senza pensare al rimanente del Mondo, che non pensava a loro. [A. D. 1525 1550 ec.] Furono svegliati da’ Portoghesi, che dopo avere superato il promontorio meridionale dell’Affrica comparvero nell’India, e sul mar Rosso come se discesi fossero da un pianeta lontano. A prima giunta i
- ↑ I Latini danno impropriamente all’Abuna, il titolo di patriarca: non riconoscono gli Abissinii che i quattro Patriarchi, e il lor Capo non è che un metropolitano, o un primato nazionale (Ludolfo, Hist. Aeth. et Comment. l. III, c. 7). Questo Storico non sapea nulla de’ sette vescovi di Renaudot (p. 511) esistenti A. D. 1131.
- ↑ Non capisco il perchè l’Assemani revochi in dubbio (Bibl. orient. t. II, p. 384) queste spedizioni tanto probabili fatte da Teodora alla Nubia e all’Etiopia. Renaudot (p. 336-341, 381, 382, 405-443, ec. 452, 456, 463, 475-480, 511-525, 559-564), attinse dagli scrittori cofti quel poco che potè sapere su l’Abissinia sino al 1500. Ludolfo è assolutamente ignaro di quel paese.