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dell'impero romano cap xlvii. |
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quali si dichiararono schiavi del Re, e poteano raccontare con maligna compiacenza, come l’Imperatore Marciano e la sua casta sposa avevano sovente dettato i decreti del Concilio di Calcedonia. Una fazion dominante ricorda continuamente il dovere della sommissione, ed è poi naturale del pari che i dissidenti sentano, e vogliano le massime della libertà. Sotto la verga della persecuzione i Nestoriani ed i Monofisiti divennero ribelli e fuggiaschi, e gli alleati di Roma, i più antichi e più utili, impararono a considerar l’Imperatore non come il Capo, ma come il nemico dei Cristiani. La lingua, quel gran principio d’unione e di separazione tra le varie tribù del genere umano, ben presto distinse definitivamente i Settari dell’Oriente con un segno particolare, che annichilò ogni commercio ed ogni speranza di riconciliazione. Il lungo dominio dei Greci, le colonie, e più di tutto l’eloquenza loro, aveano disseminato un idioma indubitatamente il più perfetto di quanti furono inventati dagli uomini; ma il grosso del popolo nella Siria e nell’Egitto usava tuttavia la lingua nazionale, con questa differenza però, che il cofto non si adoperava che dagli ignoranti e rozzi paesani del Nilo, mentre dai monti dell’Assiria al mar Rosso era il siriaco1 la lingua della
- ↑ Il siriaco tenuto per lingua primitiva dagli originarii della Siria avea tre dialetti: 1. l’arameo, che si parlava in Edessa, e nelle città della Mesopotamia; 2. il palestino, usato in Gerusalemme, in Damasco, e nel resto della Siria; 3. il nabateo, idioma rustico delle montagne dell’Assiria e de’ villaggi dell’Irak (Gregor. Abulfarag. Hist. dynast., pag. 11). Vedi sul siriaco, Ebed-Gesù (Assemani, t. III, pag. 326, etc.), il quale solamente per animo preoccupato ha potuto preferirlo all’arabo.