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seconda era l’autorità della Chiesa. I discepoli della Filosofia sostenevano i diritti dell’intellettual libertà; ed il rispetto, che avevano pe’ sentimenti de’ loro maestri, era un libero e volontario tributo che offerivano alla superiorità della ragione. Ma i Cristiani formavano una società numerosa e disciplinata; e rigorosamente s’esercitava sugli animi de’ Fedeli la giurisdizione delle leggi e de’ Magistrati. I liberi voli dell’immaginazione venivano di mano in mano ristretti dalle formule e dalle confessioni di fede1; la libertà del giudizio privato era sottoposta alla pubblica dottrina de’ Sinodi; l’autorità di un Teologo veniva determinata dal grado che esso tenea nella Chiesa; e gli Episcopali successori degli Apostoli soggettavano all’Ecclesiastiche censure coloro, che deviavan dalla Fede ortodossa. Ma in un tempo di controversie religiose ogni atto d’oppressione accresceva nuova forza all’elastico vigor dello spirito; ed alle volte anche lo zelo o l’ostinazione d’un ribelle spirituale si fomentava da segreti motivi d’ambizione o d’avarizia. Un argomento metafisico diveniva la causa, o il pretesto di contese politiche; si usavan le sottigliezze della scuola Platonica come le insegne delle fazioni popolari, e la differenza, che separava le respettive loro opinioni, si accresceva o magnificava dall’acrimonia della disputa. Finattanto che l’oscura eresia di Prassea e di Sabellio procurò di confondere il Padre col Figlio2,

  1. Le formule di fede più antiche furono estese alla massima ampiezza. Vedi Bull (Judic. Eccl. Cath.), che tenta d’impedir Episcopio dal trarre alcun vantaggio da quest’osservazione.
  2. L’eresie di Prassea, di Sabellio ec. son esposte con esattezza dal Mosemio p. 425, 680-714. Prassea, che venne