Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
82 | storia della decadenza |
permettersi ad un Istorico di tirar rispettosamente il velo del Santuario, e di seguire il progresso della ragione e della fede, dell’errore e della passione, dalla scuola di Platone fino alla decadenza e rovina dell’Impero.
[A. A. C. 360] Il genio di Platone, diretto dalla sua propria meditazione o dalla tradizionale scienza de’ Sacerdoti dell’Egitto1 aveva osato d’esplorare la misteriosa natura della Divinità. Dopo d’aver elevato la sua mente alla sublime contemplazione della necessaria causa dell’universo esistente da se medesima, il saggio Ateniese non era capace d’intendere, come la semplice unità della sua essenza potesse ammetter l’infinita varietà delle distinte e successive idee, che compongono il sistema del Mondo intellettuale; come un Ente puramente incorporeo eseguir ne potesse il perfetto modello, e con mano creatrice dar forma al rozzo e indipendente caos. La vana speranza di sbrigarsi da queste difficoltà, che sempre debbon opprimere le deboli facoltà della mente umana, potè indur Platone a considerar la natura Divina sotto la triplice modificazione, di prima causa, di ragione o di Logos, e
- ↑ Plato Aegyptum peragravit, ut a Sacerdotibus Barbaris numeros et coelestia acciperet. Cicer. de Finib. c. 25. Gli Egizi potevan tuttavia conservare la tradizional fede dei Patriarchi. Gioseffo ha persuaso molti de’ Padri Cristiani, che Platone traesse una parte delle sue cognizioni dagli Ebrei; ma non può conciliarsi tal vana opinione coll’oscuro stato, e con gl’insociabili costumi del popolo Giudaico, le scritture del quale non furono accessibili alla curiosità Greca fino a più di cent’anni dopo la morte di Platone. Vedi Marsham. Can. Chron. pag. 144. Le Clerc Epist. crit. VII. pag. 177-194.