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dell'impero romano cap. xx | 55 |
e d’impedirne le translazioni. Nell’Occidente, in vero, la disciplina era meno rilassata che nell’Oriente; ma le stesse passioni, che obbligavano a far tali regolamenti, li rendevano inefficaci. I rimproveri che con tanta veemenza si son fatti, nel furor della collera, alcuni Prelati fra loro, non servono che a manifestare la comune lor colpa e la loro vicendevole indiscretezza.
II. I soli Vescovi godevano la facoltà della generazione spirituale; e questo privilegio straordinario compensar poteva in qualche modo il penoso celibato1, che imponevasi loro come una virtù, come un dovere, e finalmente come una positiva obbligazione. Quelle religioni antiche, le quali stabilirono un ordine separato di Sacerdoti, dedicarono al servizio perpetuo degli Dei una data stirpe, tribù, o famiglia sacra2. Instituzioni però di tal genere furon fondate per via
- ↑ Il celibato del Clero per li primi cinque o sei secoli, forma in vero un soggetto di disciplina e di controversia, che si è con gran diligenza esaminato. Si veda in particolare il Tomassino (Disc. Eccles. Tom. I. l. II. c. 60, 61. p. 886-902) e le antichità del Bingamo (lib. IV. c. 5). Ciascheduno di questi eruditi, ma parziali, critici ha esposto una parte del vero, ed ha taciuto l’altra.
- ↑ Diodoro Siculo attesta e comprova l’ereditaria successione del Sacerdozio fra gli Egizj, i Caldei e gl’Indiani (l. I. p. 84. l. II. p. 142. 153. Edit. Wesseling). Ammiano descrive i Magi come una famiglia molto numerosa. Per saecula multa ad praesens una eademque prosapia multitudo creata, Deorum cultibus dedicata. (XXIII. 6.) Ausonio celebra la stirpe de’ Druidi (de Profess. Burdigal IV,) ma dalle osservazioni di Cesare (VI. 13) possiamo arguire, che nella Gerarchia Celtica si dava luogo anche alla scelta ed all’emulazione.