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dell'impero romano cap. xx 49

vavasi o a Roma o nelle Province alcun ordine di sacerdoti, che s’attribuissero un carattere più sacro fra gli uomini, o una più intima comunicazione cogli Dei. Ma nella Chiesa Cristiana, che affida il ministero dell’Altare ad una perpetua successione di sacri Ministri, il Monarca, la cui dignità spirituale è meno onorevole di quella del minimo Diacono, era collocato fuori del recinto del Santuario, e confuso col resto della moltitudine fedele1. Pareva salutarsi l’Imperatore come Padre del suo Popolo, ma esso dovea prestare un rispetto ed una reverenza filiale a’ Padri della Chiesa; e ben presto l’orgoglio dell’Ordine Episcopale pretese i medesimi segni di ossequio, che Costantino aveva usato verso le persone de’ Santi e dei Confessori2. Un segreto contrasto fra la Giurisdi-

    successori esercitavano in persona tutte le funzioni sacre di Pontefice Massimo, o di Sommo Sacerdote del Romano Impero.

  1. Era insensibilmente prevalsa una pratica alquanto contraria nella Chiesa di Costantinopoli; ma il rigido Ambrogio comandò a Teodosio di ritirarsi fuori del recinto, e gl’insegnò a conoscer la differenza che corre fra un Re ed un Sacerdote. Vedi Teodoreto (l. V. c. 18).
  2. Alla mensa dell’Imperator Massimo, Martino Vescovo di Tours ricevè la coppa da un famigliare, e la porse al Prete suo compagno avanti di permettere all’Imperatore che bevesse; e l’Imperatrice serviva Martino medesimo a tavola. Sulpic. Sever. in vita S. Martini c. 23. e dial. H. 7. Pure può dubitarsi se tali straordinari complimenti eran fatti al Vescovo o al Santo. Si possono vedere gli onori, che ordinariamente si prestavano al carattere Episcopale appresso il Bingamo (Antiq. l. II. c. 9) e Valesio (ad Theodoret. l. IV. c. 6.) Vedasi l’altiero Ceremoniale, che Leonzio Vescovo di Tripoli prescrisse all’Imperatrice in Tillemont. Hist. des Emp. Tom. IV. p. 754. Patr. Apostol. Tom'. II. p. 179.