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dell'impero romano cap. xxiv. 391

l’udienza Cristiana la viva ed esagerata pittura delle follie e de’ difetti del morto Imperatore. Il vario carattere ed i singolari costumi di lui fornirono ampia materia di motteggi e di ridicolo1. Nell’esercizio de’ propri non ordinari talenti, spesse volte, abbassava la maestà del suo posto. Alessandro trasformavasi in Diogene, il Filosofo diveniva Sacerdote. La purità della sua virtù era macchiata da un’eccessiva vanità; la sua superstizione disturbò la pace, e pose in rischio la salute d’un vasto Impero; e gl’irregolari trasporti di lui tanto meno eran degni d’indulgenza, che sembravano laboriosi sforzi dell’arte o dell’affettazione. Il cadavere di Giuliano fu sepolto a Tarso nella Cilicia; ma il magnifico sepolcro, che gli fu innalzato in quella città sulle rive del fresco e limpido Cidno2, dispiacque agli amici fedeli, che amavano e rispettavano la memoria di quell’uomo straordinario. Il filosofo dimostrò un desiderio assai ragionevole, che il discepolo di Platone riposasse in mezzo a’ giardini dell’Accademia3; mentre il soldato esclamò in più forti accenti, che le ceneri di Giuliano dovevano unirsi a quelle di Cesare nel campo di Marte, e fra gli anti-

  1. Gregorio (Orat. IV. p. 119. 120.) paragona tal supposta ignominia e ridicolezza agli onori funebri di Costanzo, il corpo del quale fu portato sul monte Tauro da un coro di Angeli.
  2. Q. Curzio l. III. c. 4. Si è censurato più volte il lusso delle sue descrizioni. Era però quasi un dovere dell’Istorico il descrivere un fiume, le acque del quale erano state quasi fatali ad Alessandro.
  3. Liban. Orat. parent. c. 156. p. 377. Riconosce però con gratitudine la liberalità dei due reali fratelli nel decorare la tomba di Giuliano: De ulcisc. Juliani. nec. c. 7. p. 152.